Come classificare i Rum? parte 2 - Paese di Origine

I Caraibi, la culla del Rum, ancora oggi protagonisti indiscussi nel mondo del Rum di qualità.Photo Credit: “Mitchell School & Family Atlas" by Edu-Tourist is licensed under CC BY-SA 2.0

I Caraibi, la culla del Rum, ancora oggi protagonisti indiscussi nel mondo del Rum di qualità.

Photo Credit: “Mitchell School & Family Atlas" by Edu-Tourist is licensed under CC BY-SA 2.0

Quando si pensa al Rum ed alle sue origini è difficile non pensare ai Caraibi durante l’Età Moderna (tra l’inizio del XVI secolo e la fine del XVIII): nella nostra mente si materializzano istantaneamente storie di bucanieri, di corsari, di imperi coloniali europei in conflitto tra loro, di colonie e piantagioni; meno frequentemente ci si sofferma sul dramma umano che si consumava in quegli anni ad opera del commercio di esseri umani, delle malattie importate dal Vecchio Mondo che hanno flagellato le popolazioni delle Americhe ed anche della cristianizzazione forzata delle popolazioni indigene…

Ma quali erano queste potenze coloniali che si confrontavano nei Caraibi? Spagna, Inghilterra, Francia, in minor misura e con fortune alterne l’Olanda, ed il Portogallo che seppure limitato nelle pretese territoriali dal Trattato di Tordesillas (il quale lo relegava nelle zone dell’attuale Brasile) ebbe invece un ruolo preminente nell’infame e disumano traffico di schiavi dall’Africa verso le Colonie caraibiche. Nelle Colonie il sistema delle piantagioni si andava consolidando alimentato da profitti senza precedenti: avido di manodopera, del tutto indifferente alla sofferenza umana che generava, forniva opportunità di lucro per tutti gli operatori coinvolti eccezion fatta - ovviamente - per gli schiavi. I proprietari terrieri, gli amministratori dei Governi coloniali, i mercanti e gli Stati Europei, tutti beneficiavano delle ricchezze coloniali: oro, argento, cotone, zucchero, melasse, tabacco e Rum. Non mi dilungo sul costo umano che venne pagato dalle popolazioni dell’Africa e delle Americhe, in fondo al post troverete un piccolo articolo al riguardo ed alcuni link.

Quindi, ai fini del nostro discorso, tocca adesso lasciare da un lato i risvolti più propriamente storici ed iniziare a ragionare sul perché ed il per-come, oggi giorno, possa avere senso dividere i Rum per famiglie a seconda della tradizione “coloniale” quindi in Rum in stile Inglese (Rum), Spagnolo (Ron) o Francese (Rhum). Il perché è chiaro: la distillazione così come la gestione dell’invecchiamento di un distillato è un’arte, una professione, ed in quanto tale intimamente legata alla cultura (tecnica e metodologica) a partire dalla quale essa si sviluppa. Ne consegue che nelle Colonie appartenenti alla Francia si importasse un tipo di distillazione molto parente, almeno in origine, a quella che veniva utilizzata per il distillato nazionale francese: il brandy ed in particolare il Cognac. Similmente, nei territori di impronta britannica il metodo di distillazione venne importato dalla Scozia, facendo riferimento alla tradizione produttiva del Whisky. Nei più ampi territori spagnoli il discorso si fa più articolato in quanto il prodotto “idealtipico” odierno in stile spagnolo è assai diverso di ciò che doveva essere un secolo fa, nei territori latini una serie di investimenti e chiare scelte commerciali hanno fatto sì che lo stile spagnolo odierno sia sinonimo di rum molto leggeri e poco corposi distillati prevalentemente in multi-colonne.

Questo sommario elaborato di Diageo Bar Academy® è abbastanza intuitivo e completo! Cliccando sulla foto si apre il link originale di Diageo®

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Come per ogni metodo che suddivide un fenomeno complesso in macro-categorie, bisogna saper prendere quanto di buono esso è in grado di trasmetterci senza mettersi a sottilizzare troppo su tutte le sfumature che inevitabilmente vengono ignorate da questo modello.

Il senso è proprio quello di fornire al consumatore alle prime armi un metodo ragionevolmente efficace e con una qualche fondatezza in grado di orientarne le scelte. Ecco allora che si introducono i tre stili del Rum:

I Rhum in stile francese:

Martinica - Photo by Pierre Becam @pbecam via Unsplash Photo Community - Open License

Martinica - Photo by Pierre Becam @pbecam via Unsplash Photo Community - Open License

Si tratta dei Rum provenienti dalle cd. Antille Francesi, cioè da quei paesi di tradizione francofona dell’area Caraibica (Martinica, Guadalupa, Marie-Galante) ad essi vanno anche aggiunti i territori di Haiti, e poi Réunion e Mauritius, queste ultime due situate nell’Oceano Pacifico.

A seguito delle crisi degli zuccherifici anziché utilizzare le melasse (cioè un by-product della produzione dello zucchero cristallino) in queste regioni la produzione del Rum (o Rhum) prende avvio direttamente dal succo fresco di canna da zucchero. Si tratta quindi di una materia di partenza “intera”, che ancora mantiene un legame forte con la materia vegetale da cui viene estratta e quindi molto ricca aromaticamente.

E’ improprio associare a questa categoria un unico metodo di distillazione: se è pur vero che nelle due principali Antille francesi (Martinica e Guadalupa) il metodo di distillazione prevalente - ma non l’unico - è quello delle Colonne Creole in rame, altrettanto non si può dire per altri territori francofoni che, a buon diritto, si possono definire in Stile Francese e che invece distillano secondo altri metodi (dai piccoli pot-still dei Clairin di Haiti, alle imponenti colonne di Barbancourt, passando per l’alambicco charentais di A1710 e molti altri). Questa differenza, insieme ad altri criteri di tipo geografico, fa sì che possano esistere Rum in stile francese che non sono - legalmente - Rum Agricoli.

A prescindere dal loro metodo di distillazione, tendenzialmente, si tratta di distillati che sono in grado già dalla loro nascita di esprimere un notevole pregio sul piano organolettico.

Colonna tradizionale in rame presso Distilleria Neisson. Photo Courtesy “matmanu972” blog

Colonna tradizionale in rame presso Distilleria Neisson.
Photo Courtesy “matmanu972” blog

In essi prevalgono i profumi fruttati e floreali, freschi, molto spesso accompagnati da note agrumate, frequentemente connotati da un buon carico di esteri (sostanze aromatiche volatili) che si manifestano anche in profumi di ananas o di acetone.

Sul prodotto invecchiato le note di cui sopra si arricchiscono con i tipici sentori della botte (dalla vaniglia e le altre spezie, al legno umido, cuoio, tabacco, insomma la tipica impronta dell’invecchiamento), sugli invecchiamenti molto prolungati va da sé che questi sentori si faranno via via più marcati.

Non è affatto inusuale trovare dei Rhum in stile francese bianchi di assoluto pregio, meritevoli di una attenta degustazione ed in grado di regalare grandi gioie al pari di altri Rum invecchiati.

I Ron in stile Latino:

Si tratta dei Rum provenienti dai paesi del Centro e del Latino America di lingua spagnola: dai Paesi insulari ispanici come Cuba, Repubblica Dominicana, fino a tutto il Centroamerica ed il Latino America ad eccezione di Brasile, Belize e delle due Guyane (una anglofona e l’altra francofona).

La materia prima utilizzata prevalentemente è la melassa, talvolta trova uso il cosiddetto “miel virgen de caña”, cioè una lavorazione del puro succo di canna da zucchero che riceve un trattamento termico per essere sanificato, privato di una buona parte dell’acqua, concentrato e quindi conservato più agevolmente. Sicuramente, nonostante i tentativi promossi dai produttori di associare questa materia prima al “puro succo di canna da zucchero”, la differenza tra il succo fresco usato nelle Antille Francesi ed il miele di canna è chiara ed evidente: il trattamento termico ricevuto per trasformare il succo di canna in “miele” fa sì che si perda la freschezza tipica del succo di canna vergine e che, di contro, si acquisisca il tipico sapore caldo ed avvolgente del caramello.

La tecnica di distillazione prevalente, ma non l’unica (per fortuna), in queste regioni è la tecnica del multi-colonna: questo fa sì che il distillato prodotto sia generalmente “leggero”, poco corposo e quindi povero di sostanze aromatiche. Questo fatto rende molto difficile produrre Rum di qualità superiore, dato che si perde la quasi totalità del potenziale aromatico del Rum stesso fin dalla sua nascita.

E se il potenziale aromatico in partenza è pressoché nullo, come si può realizzare un prodotto chiaramente identificabile e piacevole al palato? A questa domanda ci sono due risposte.

La prima, che dovrebbe essere l’unica nel mondo che vorrei, è con l’affinamento in botte. L’invecchiamento donerà al Rum (qualunque Rum) un profilo aromatico piacevolmente speziato, vanigliato, talvolta anche apertamente dolce (pensiamo ad un affinamento in una botte che abbia contenuto in precedenza vini liquorosi e che quindi rilascerà una minima quantità di sostanze zuccherine nel distillato).

Quando le colonne diventano multeplici e si punta più alla quantità che alla qualità, la distilleria assomiglia più ad una raffineria… Image:

Quando le colonne diventano multeplici e si punta più alla quantità che alla qualità, la distilleria assomiglia più ad una raffineria…
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La seconda risposta è quella legata al fenomeno dell’aggiunta di varie sostanze, di per sé estranee tanto al Rum quanto al suo naturale invecchiamento, per rendere il prodotto maggiormente apprezzabile: si tratta dello zucchero in primis, ma anche del caramello, della vanillina, talvolta - in casi fortunatamente sporadici - persino della glicerina… Vi rimando ad un’ottima lista di analisi realizzate con il metodo dell’idrometro, in essa compaiono moltissime etichette di Rum ciascuna con una stima dello zucchero aggiunto (i valori 0-5 g/L si stima siano non addizionati).

In queste regioni esiste inoltre una radicata tradizione dell’invecchiamento secondo il metodo Solera, una tradizione di per sé rispettabilissima ed antica, che comporta parecchio lavoro per essere fatta correttamente, e che consiste nel realizzare progressivamente dei blend verticali multi-annata. Questa tradizione, in taluni processi produttivi industriali viene alquanto snaturata, eventualmente portata al ridicolo ed asservita al fine commerciale di scrivere in etichetta anni di invecchiamento non rappresentativi del prodotto vero e proprio, in poche parole: 15 anni “Solera” non equivalgono nemmeno lontanamente a 15 anni “solari” (o calendariali che dir si voglia).

Per fortuna, non tutti i Ron Latini usano queste tecniche, ed è un peccato che prodotti seri e di un certo pregio (invero alquanto rari in questa categoria) finiscano con l’essere accomunati a prodotti meno seri e più addizionati di sostanze.

I Rum in stile inglese:

Si tratta dei Rum provenienti dai territori Caraibici che nel periodo coloniale erano sotto l’influenza della Corona Britannica: in primis la Giamaica, Barbados e la Guyana (Demerara), che a parere dello scrivente oggi esprimono il triangolo d’oro del Rum in stile British, a seguire i Paesi di Trinidad Tobago, Grenada, Antigua e Saint-Kitts.

Immagine degli alambicchi a ripasso di Hampden Distillery, al di là dei barili il titolare della distilleria Andrew Hussey

Immagine degli alambicchi a ripasso di Hampden Distillery, al di là dei barili il titolare della distilleria Andrew Hussey

Si tratta di Rum realizzati prevalentemente a partire da melasse che dopo fermentazioni, la cui durata può variare parecchio da produttore a produttore, vengono generalmente distillati in alambicchi a ripasso in rame, ma non mancano anche colonne tradizionali. Questo metodo produttivo fa sì che prendano vita dei Rum assai caratterizzati a livello aromatico, certamente Rum con un corpo tale da risultare piacevoli al palato anche a gradazioni molto forti (talvolta ben al di sopra dei 60% ABV).

In questa categoria troviamo comunque una grandissima varietà di sotto stili, ciascuno meritevole di attenzione, nel seguito una breve descrizione circa il Rum di ciascuno dei principali tre Paesi rappresentativi di questo stile:

  • Giamaica: tipico il “funk” dei Rum giamaicani (tradotto letteralmente “puzza”), molto ricchi di sostanze aromatiche e quindi spesso pungenti al naso, la forza dei Rum giamaicani risulta da uno stile unico ed inconfondibile… senza dilungarsi troppo sui dettagli tecnici, in questa fase basti dire che parecchie distillerie usano ricette elaborate ed antiche: metodo Dunder, i muck-pit, da cui trarre sostanze tali da caricare ed esaltare la fase di fermentazione, fermentazioni talvolta molto prolungate che possono avere luogo con fermenti indigeni (cioè non selezionati in laboratorio), insomma, tutto nel nome del gusto deciso per questo distillato veramente unico.

  • Guyana: tipica la morbidezza (talvolta anche un po’ abboccata) che si coniuga a profumi intensi ed al gusto deciso, la straordinaria varietà di alambicchi e colonne di distillazione storiche (alcune vere e proprie reliquie del XVIII secolo!) fa sì che la grande famiglia dei Rum Demerara possa vantare un ventaglio di gusti e stili che rappresenta a pieno titolo un mondo a sé stante. Sono tipici i Rum invecchiati in botti ricoperte al loro interno da un leggero strato di melasse (come fosse una leggera coibentazione per evitare evaporazioni oltremodo marcate, cosa che già avviene comunque nei climi Caraibici), questo metodo tende a scurire e ad addolcire il Rum al tempo stesso, creando quello stile inconfondibile del Demerara Dark Rum.

  • Barbados: eleganti, fini, spesso fruttati e con forti note agrumate, probabilmente nella ampia famiglia degli stili British si tratta del Rum che più riesce ad affascinare tanto un pubblico dal palato maturo quanto di bevitori meno esperti. Dato che spesso il Rum di Barbados si esprime con dei blend composti da frazioni più leggere (derivanti da distillazioni in colonna) e frazioni più corpose e strutturate (che nascono dai pot-still), il risultato è un Rum molto bilanciato.

In foto il doppio alambicco a ripasso realizzato in legno (e non solo ovviamente)  denominato Port Mourant, una vera reliquia sacra della storia della distillazione presente ed in esercizio dopo quasi tre secoli presso la Demerara Distillers ltd in …

In foto il doppio alambicco a ripasso realizzato in legno (e non solo ovviamente) denominato Port Mourant, una vera reliquia sacra della storia della distillazione presente ed in esercizio dopo quasi tre secoli presso la Demerara Distillers ltd in Guyana.
clic su foto per photo credit: Spirit Journal ®

Oltre a questi tre Paesi, merita sicuramente una menzione speciale Trinidad Tobago, anch’esso saldamente di tradizione British, attualmente al suo attivo ha una sola distilleria fumante: Angostura, allo stato attuale famosa forse più per i suoi bitter che per i Rum ivi prodotti. Storicamente è proprio sull’isola di Trinidad che sorgeva la ormai defunta distilleria CARONI (il nome della distilleria vero e proprio era Providence Distillery ltd), oggi parlare di Rum Caroni significa riferirsi a imbottigliamenti ricercatissimi, molto rari e dalle caratteristiche organolettiche uniche ed inconfondibili. Gli imbottigliamenti Caroni, specie quelli invecchiati ai Caraibi, stupiscono per intensità, forza, le chiare note di combustibile unite alla dolcezza della frutta e dei fiori… insomma delle perle rare, sicuramente molto poco adatte ad un pubblico ancora alle prime armi in quanto molto impegnative nella degustazione.

Sempre in riferimento ai territori che producono Rum in stile Britannico, non si può non fare riferimento al famoso NAVY RUM, cioè un blend dei vari Rum prodotti nei territori coloniali ex-britannici: storicamente le parti prevalenti erano Guyana, Trinidad, Barbados e Giamaica. Tali Blended Rum venivano acquistati dalla Marina Britannica in grandi quantità ed hanno fatto parte della dotazione del perfetto marinaio inglese a partire dal lontano 1731 (seppure con dosaggi che sono cambiati nel corso della storia); si trattava di un Rum che doveva avere certe caratteristiche ben definite per poter essere acquistato dalla Marina, prima fra tutte doveva essere un Rum non-annacquato per evitare frodi ai danni del tesoro della Corona Britannica. Siccome nel XVIII secolo, verificare il grado alcolico di un liquido non era certo un’impresa di poco conto, la Marina Britannica escogitò una prova di infiammabilità del liquido: per fregiarsi del titolo “Navy Proof” ciascuno stock di Rum acquisito dalla Marina doveva prendere fuoco se esposto ad una fiamma, ed affinché ciò potesse accadere, il Rum doveva avere come minimo 57,14% alcolici. Ecco che nasce il Rum “Navy Proof” o “Navy Strength” (cioè a prova della Marina Britannica), contestualmente nascevano i Rum cosiddetti “Overproof” cioè oltre la prova e quindi superiori ai canonici 57,14% alcolici.


Qualche approfondimento storico sul periodo coloniale…

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Se voleste saperne di più sul costo immane e difficilmente ponderabile in termini di sofferenza umane di questo periodo storico vi rimando a due articoli sulla Wikipedia: il primo in italiano su come tra i 12 e i 15 milioni di esseri umani siano stati messi in catene e deportati da un continente all’altro nella Tratta Atlantica degli Schiavi (di questi circa 1,5 milioni morivano di stenti nella traversata oceanica, gli altri erano condannati ad una vita di stenti nelle piantagioni); il secondo articolo, purtroppo in inglese, spiega come il 90% della popolazione autoctona delle Americhe sia morta per effetto della colonizzazione, quest’ulteriore tragedia avvenne non tanto per le violenze dei conquistadores quanto largamente a causa di quei flagelli dell’umanità che prendono il nome di vaiolo, morbillo, tifo, peste ed influenza, tutte malattie fino ad allora sconosciute nelle Americhe. Oltre questi due articoli c’è anche un’interessante lettura di un libro che mi venne regalato parecchi anni or sono: “Le vene aperte dell’America Latina” di Eduardo Galeano, in esso si descrive la miseria ed i soprusi subiti dalle popolazioni native dell’America Latina per mano dei conquistadores, capitoli molto bui della nostra storia d’Europa.

Questo per dire quanto, al di là dell’aspetto romantico e favoloso di questo periodo che ci riporta al film “i Pirati dei Caraibi”, la cruda realtà fosse ben diversa. Non è un caso che per tutto il secolo successivo alla scoperta delle Americhe la popolazione mondiale si sia contratta, parliamo di un periodo che “percentualmente” è indubbiamente il periodo più cupo della storia umana moderna ed in valore assoluto, per numero di morti, è secondo solo alla follia distruttiva della Seconda Guerra Mondiale… Insomma pur parlando di Rum, mi è parso doveroso tributare poche righe a questi risvolti meno noti, meno fashion, meno “likeable” ma per me impossibili da trascurare se si vuole parlare di questo periodo.

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I Rum Agricoli e la Martinique AOC

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Come classificare i Rum? parte 1 - il Colore